Cosa hanno in comune i no-vax e coloro che negano
il riscaldamento globale
DIANE RICHMOND
NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 05 marzo 2022.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste
e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Sulle
prime, accomunare chi nega l’effetto serra a coloro che si oppongono all’immunizzazione
contro le malattie mediante vaccino e particolarmente coloro che in una realtà
pandemica da SARS-CoV-2, in cui solo nel nostro paese continuano a morire oltre
200 persone al giorno per COVID-19[1], può apparire azzardato se non arbitrario, invece
Geoffrey Dobson, dopo aver studiato sotto vari aspetti e con diverse
metodologie questi atteggiamenti anacronistici e dannosi per la collettività,
ha riconosciuto un’inoppugnabile radice comune.
Sia riconoscere
che le emissioni di CO2 derivate da attività umane sono responsabili
del riscaldamento globale e dei conseguenti effetti climatici, sia riconoscere
la necessità e l’efficacia dell’immunizzazione preventiva contro il rischio di
infezione e morte da SARS-CoV-2 richiede che si abbia fiducia nella scienza. Non
una fede cieca circa risorse potenziali mai provate, ma quella semplice fiducia
che nasce dalla ragionevolezza applicata alla conoscenza dei fatti; la stessa
necessaria ad accettare il valore delle nozioni che ci vengono trasmesse con l’insegnamento
scolastico e a non rigettare cose quali il teorema di Pitagora, l’uso del
congiuntivo, la scoperta dell’America, i nomi delle capitali o le sette note
musicali come un mucchio di sciocchezze.
Nelle “Notule”
trovate un’illuminante distinzione di Wittgenstein al riguardo[2] e noi affrontiamo in termini di psicologia
collettiva questa sorta di “influenza delirante che trasforma i fatti in opinioni”
dalla fondazione della nostra società scientifica, ma Geoffrey Dobson ha
privilegiato la via della ricostruzione storica per risalire alle origini di un
fenomeno oggi amplificato attraverso i nuovi media.
(Dobson
G. P., Wired to Doubt: Why People fear
Vaccines and Climate Change and Mistrust Science. Frontiers in
Medicine 8: 809395 –
Epub ahead of print doi:10.3389/fmed.2021.809395., 2022).
La provenienza dell’autore è la seguente: Heart and Trauma Research
Laboratory, College of Medicine and Dentistry, James Cook University,
Townsville, QLD (Australia).
I dubbi
sui vaccini e la negazione del riscaldamento globale presentano almeno tre
elementi significativi in comune: 1) entrambe le posizioni rappresentano
minacce per la salute personale, delle comunità e di tutta la popolazione
mondiale; 2) l’azione è condizionata dalla cooperazione e dalle regole sociali
(politiche); 3) il supporto pubblico per entrambi gli atteggiamenti si basa
sulla sfiducia nella scienza. In proposito, l’autore dello studio non manca di
notare che l’ironia della sorte è costituita dal fatto che mai era stato
raggiunto in precedenza un grado di affidabilità e verificabilità delle
procedure scientifiche e dei risultati della ricerca quali quelle dei nostri
giorni. A fronte di una scienza più affidabile e perfezionata, assistiamo al
più massiccio comportamento antiscientifico mai registrato nella storia.
Dobson
riporta un vasto sondaggio che registra quasi il 70% di intervistati favorevole
alla vaccinazione anti-COVID-19 e convinto della causa umana dell’effetto
serra, ma circa un 20% che non sa decidersi e adotta una strategia di attesa per
vedere se in futuro avrà maggiori elementi per schierarsi; e infine un 10%
strenuo oppositore della prevenzione mediante vaccini e della causa umana del
riscaldamento globale.
Dobson ha
provato a immaginare se il mondo fosse governato da questa gente cosa
accadrebbe: lo sviluppo di innumerevoli varianti più mortali di omicron e fra
pochi anni eventi catastrofici globali dovuti alla mancata riduzione di
emissione di gas serra.
All’inizio del 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS o WHO) ha dichiarato che i dubbi infondati sui vaccini e i cambiamenti
climatici costituivano le due principali minacce globali per la salute.
Prendendo le mosse da questa dichiarazione, Geoffrey P. Dobson ha svolto la sua
tesi conducendo una rassegna storica e poi sviluppando riflessioni critiche.
Il problema delle fake
news, inteso come costrutti o notizie destituite di ogni fondamento e
diffuse ad arte per ottenere in modo fraudolento uno scopo – come accade oggi
nella sottocultura mediatica delle cospirazioni – è stato affrontato per la
prima volta in modo sistematico nel 1620 da Francis Bacon nel suo Novum Organum. Ma la fondazione della prima Anti-Vaccination League avvenne nel 1853 a Londra quando fu
approvata la legge sulla vaccinazione obbligatoria contro il vaiolo e in quello
stesso anno i no-vax dell’epoca scatenarono rivolte
di piazza in numerose piccole città britanniche, fra cui Ipswich, Henley e Mitford.
Le vaccinazioni costituiscono uno dei risultati
scientifici e di politica sanitaria di maggior successo per la salute pubblica:
si è calcolato, prima della pandemia da coronavirus, che la vita di 4-5 milioni
di persone all’anno è sicuramente salvata da una vaccinazione. Se i primi veri
no-vax, ossia gente che si opponeva alla vaccinazione
per pregiudizio originato da ignoranza, sono stati gli Inglesi del 1853, dei
dubbi basati su ragionamenti clinici sulle prime rozze preparazioni vaccinali
sono stati avanzati da medici francesi durante l’epidemia di vaiolo del 1762-1763:
nonostante il rischio all’epoca stimato del 30-40% di morire se non vaccinati,
alcuni medici di Parigi sollevarono obiezioni e si rifiutarono di inoculare il
vaccino ai propri pazienti[3].
Dobson si sofferma poi sulla storia della
vaccinazione antivaiolosa all’epoca di Jenner, effettuata prelevando con un ago
materiale patologico da una pustola matura di un ammalato e iniettandolo a un
sano[4]. Subito dopo,
prosegue riassumendo i contenuti di un articolo del 2018 di Hussain e colleghi,
pubblicato su Cureus col titolo: A Regression in Modern Medicine.
Fra l’altro, in questo articolo si racconta dell’opposizione alle vaccinazioni
nel 1772 di un reverendo anglicano, che le definisce operazioni diaboliche e “tentativo
di opporsi alla punizione dell’uomo per i suoi peccati da parte di Dio”.
La ricostruzione della storia delle vaccinazioni
prosegue con l’indicazione delle tappe dei progressi compiuti fino ai nostri
giorni quando, nel 1998 Wakefield e colleghi pubblicano uno studio basato su
dati falsificati, manipolati o inventati di sana pianta a supporto di una campagna
contro la vaccinazione, in cui dei militanti letteralmente si inventano l’autismo
da vaccini, giocando sul fatto che le esatte cause dei disturbi dello spettro
dell’autismo non fossero state ancora definite. Si dimostrò la frode di
Wakefield e la rivista Lancet, che aveva pubblicato l’articolo
fraudolento, lo ritirò e ne prese le distanze legali. Ciononostante, furono
condotti altri 12 studi fra loro indipendenti di follow-up e verifica,
includenti milioni di bambini, nei quali fu definitivamente dimostrato la
totale insussistenza di rapporti tra vaccinazioni e disturbi dello sviluppo
incluso il disturbo pervasivo autistico.
Dobson affronta poi il ruolo dei vaccini
anti-SARS-CoV-2 in questa pandemia, dimostrando con i numeri l’importanza che
hanno avuto in tutto il mondo nella drastica riduzione della mortalità, ma
sottolinea che i non vaccinati rimangono in una proporzione ancora molto alta,
nonostante gli appelli a vaccinarsi dei no-vax che si
sono ammalati e in molti casi sono poi deceduti. Noi non siamo meravigliati di
questo resistere all’evidenza, perché sappiamo che nella maggior parte di
queste persone opera un meccanismo psicologico diverso da una semplice bias,
e consistente in un’intoccabile decisione già presa dall’apparato psichico,
rispetto alla quale la coscienza del soggetto ha solo un ruolo di mediazione
comunicativa con l’esterno.
Dobson rileva e sottolinea che, senza giustificazioni
razionali, solo il 60% della popolazione degli USA ha completato la
vaccinazione col richiamo e, dunque, esiste in quel paese, a differenza del suo
(l’Australia), una potenziale minaccia globale attraverso lo sviluppo di
varianti, visto che questi non vaccinati o vaccinati incompletamente degli USA
e di tanti altri paesi del mondo non sono certo in isolamento o in lockdown.
L’epidemia da SARS-CoV-2 è diventata, secondo l’autore
dello studio, una “Pandemia dei Non-Vaccinati” che in alcuni paesi come gli USA
costituiscono il 97% delle morti totali che avvengono in ospedale.
Anche per la storia del negazionismo dell’effetto
serra, Dobson propone una dettagliata cronologia, della quale citiamo solo la paternità
del concetto di “effetto serra” del matematico francese Joseph Fourier che, nel
1820, rilevò che una frazione dell’energia termica del sole era assorbita dall’atmosfera
terrestre, la quale fungeva da greenhouse del
giardino del mondo.
Dopo queste due ricostruzioni storiche, l’autore
dello studio affronta il problema della certezza nella scienza, tenendolo
distinto come Popper dallo scopo della ricerca, consistente nella ricerca del
vero. Nella lunga e articolata disquisizione, Dobson tenta anche di riportare
al funzionamento di alcune regioni cerebrali e, in particolare la dorso-laterale
della corteccia prefrontale, l’atteggiamento chiuso simile a quello dei
deliranti, alludendo ad una mancanza di plasticità neurofunzionale quale
possibile base di una rigidità cognitiva che non consente di apprendere dall’esperienza.
A nostro avviso, hanno un particolare valore in
questo studio le domande che l’autore si pone al termine della prima parte,
quando si chiede come si possa intervenire sui no-vax.
Noi siamo, a questo riguardo, più per un intervento culturale, che potrebbe
partire proprio dalla diffusione capillare di questo articolo tra no-vax e negazionisti, perché la soluzione politica dell’obbligo
con sanzioni per chi lo evade, da sola può estorcere un effetto immediato, ma lascia
intatte le erronee convinzioni di queste persone, perché non scalfisce quel
nucleo di ignoranza endemica e pregiudiziale, tramandata da generazioni, e poi protetta
dal meccanismo psicologico che abbiamo menzionato.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa
Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Diane
Richmond
BM&L- 05 marzo 2022
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94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Dato del 2 di marzo 2022.
[2] Note e Notizie 05-03-22 Notule: Ludwig Wittgenstein spiega in termini di
errore logico il pregiudizio antiscientifico.
[3] La ricostruzione è stata tratta
da uno studio di storia della medicina pubblicato su JAMA nel 2003.
[4] Anche qui Dobson si basa su
un report contemporaneo, in questo caso pubblicato nel 2005.